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Quando la televisione ha scoperto che la politica può fare audience, e i politici che possono raggiungere il vasto pubblico adattandosi alle logiche dello spettacolo, è nata la politica pop: un "ambiente mediale" scaturito dal collasso di generi televisivi e costumi sociali invecchiati, in cui politica e cultura popolare, informazione e intrattenimento, comico e serio, reale e surreale si fondono in una nuova miscela espressiva. Per molti è una pericolosa deviazione dal compito "alto" della formazione di un'opinione pubblica avveduta. Intanto, però, quell'enorme frullatore di realtà e finzione che è la Tv ha scodellato una sorta di turbo-politica. Né mancano autorevoli studiosi secondo cui l'infotainment offre un'informazione minima, ma sufficiente a una "cittadinanza sottile". Dovremo allora rivalutare il "Grande Fratello", paradossale scialuppa di civismo, attraverso il televoto, per cittadini altrimenti destinati all'emarginazione? Bisognerà in ogni caso considerare con occhi nuovi, come in questo libro, "Annozero" e "Ballarò", "Che tempo che fa" e "Domenica in", "Le iene" e "Porta a porta", "Striscia la notizia" e "Matrix".